Stili di attaccamento: la differenza tra ansioso ed evitante

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John Bowlby, psicologo e psicoanalista, si occupò di indagare la relazione tra madre e figlio nel corso dei primi anni di vita, individuando diversi stili di attaccamento. Secondo l’autore, i bambini, alla nascita, presentano una predisposizione biologica innata relativa al restare accanto alle principali figure di riferimento, che si occupano di fornire un’adeguata nutrizione e di assicurare la loro sopravvivenza.

La teoria dell’attaccamento di Bowlby segue quattro fasi, ognuna delle quali correlata allo stadio di sviluppo del piccolo:

  • Fase di pre-attaccamento, della durata di circa tre mesi, dove l’infante riconosce i caregivers senza instaurare legami di alcun tipo. Si sente appagato attraverso pianto e agitazione;
  • Fase di attaccamento indiscriminato, dove i bambini presentano preferenze nei confronti dei caregivers primari;
  • Fase di attaccamento discriminatorio, dove il bambino inizierà a provare sentimenti di angoscia in caso di separazione dalla figura principale di accudimento;
  • Fasi multiple di attaccamento, in cui gli infanti riusciranno a creare legami con persone al di fuori dei loro caregivers primari

Stili di attaccamento negli adulti: quali sono le tipologie?

Bowlby, con l’aiuto di Mary Main, psicologa statunitense, approfondì la sua ricerca relativa agli stili di attaccamento anche nei confronti di soggetti adulti, evidenziando quattro differenti sistemi:

  • Sicuro e autonomo, dove l’individuo è in grado di ricordare episodi riguardanti vissuti di attaccamento infantili senza subirne influenze al momento presente;
  • Insicuro – evitante, dove il soggetto attua meccanismi di difesa per potersi proteggere da emozioni correlate a ricordi inerenti l’attaccamento;
  • Insicuro, ansioso – ambivalente, dove ci si potrebbe sentire abbattuti dalle emozioni e dalle memorie relative all’attaccamento;
  • Disorganizzato, dovuto a un evento traumatico che non è stato elaborato in maniera corretta

Tali differenti stili di attaccamento si ripercuotono negativamente (o positivamente, nel caso di attaccamento di sicuro) nelle relazioni interpersonali adulte, comportando disagi e sofferenze a livello individuale.

Stili di attaccamento: la differenza tra ansioso ed evitante

Lo stile di attaccamento ansioso-ambivalente si caratterizza dalla continua necessità di essere rassicurati e accuditi. L’adulto potrebbe quindi sentirsi continuamente preoccupato e agitato in relazione agli atteggiamenti non prevedibili dell’altro. In questo contesto, infatti, l’individuo con attaccamento ansioso-ambivalente cercherà di aggrapparsi a chiunque possa dargli attenzioni, poiché teme di essere abbandonato.

Non è rara la presenza di rabbia eccessiva qualora paura e insicurezze fossero predominanti, spesso seguita da un atteggiamento arrendevole e sottomesso nelle relazioni. Questa tipologia di attaccamento potrebbe essere correlata al fatto che ci si possa sentire come non meritevoli di attenzioni, amore e cure del prossimo. Si va quindi alla continua ricerca di conferme da parte dell’altro, che potrebbero non soddisfare le esigenze di chi presenta questo stile di attaccamento.

Lo stile di attaccamento insicuro-evitante si caratterizza da emozioni fredde e bloccate. Fin da bambini, hanno imparato a non esprimere le proprie emozioni e a non manifestare i propri bisogni, così da evitare eventuali rifiuti o atteggiamenti disinteressati da parte della principale figura di accudimento. In età adulta, questo stile di attaccamento potrebbe rendere l’individuo incapace di esprimere in maniera corretta la propria rabbia e i propri bisogni. Solitamente, nelle relazioni, sono poco coinvolti dal punto di vista emotivo.

Gli individui con lo stile di attaccamento insicuro-evitante sentono di non essere meritevoli di amore e attenzioni e percepiscono l’altro come non disponibile o invadente. Si cercherà quindi di conservare una certa distanza emotiva, evitando l’intimità e scegliendo partner che non desiderano impegnarsi o che non provano un reale interesse. In questo contesto, gli adulti faticano ad annoverare i propri stati interni, poiché abituati a negarsi per evitare possibili rifiuti.

Su Michela Casaletti

Dott.ssa in Psicologia Clinica e Tirocinante Psicologa nell'ambito clinico e giuridico-forense

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