La risonanza magnetica funzionale cos’è?

La risonanza magnetica funzionale cos’è? Cosa registra?

La risonanza magnetica funzionale conosciuta anche con il nome di RMF o fMRI è una tecnica di imaging nel campo biomedico. La risonanza magnetica funzionale precisamente serve a registrare i flussi sanguigni negli organi, tramite un liquido a contrasto che permette appunto di controllare i cambiamenti di questi flussi su immagini in tempo reale.

Visualizzando la risposta emodinamica, e dunque i cambiamenti del contenuto di ossigeno nei capillari e del parenchima è possibile controllare le funzioni neuronali, infatti nel campo medico, questo metodo viene considerato tra i più recenti ed efficaci nel settore del neruoimaging.

 La risonanza magnetica funzionale al momento non è eseguita in tutti gli ospedali e sono poche le strutture che ne possiedono una. Quest’esame infatti, non è adatto a chiunque, ad esempio i bambini, le persone affetta da Alzhaimer o da problemi muscolari che portano a tremolii e movimenti improvvisi potrebbero invalidare i risultati dell’esame. Per compiere correttamente una risonanza magnetica funzionale, il paziente infatti deve rimanere fermo con la testa e non la può muovere o girare.

Un altro aspetto che riduce lo spettro di persone che possono utilizzare questo tipo di risonanza è la sua incompatibilità con dispositivi medici impiantati come ad esempio i Pacemaker, questi non essendo removibili non permettono ai soggetti che ne possiedono uno, di avvicinarsi al macchinario.

La risonanza magnetica funzionale cos’è? La risonanza magnetica funzionale
La risonanza magnetica funzionale

Come funziona la risonanza magnetica funzionale

La risonanza magnetica funzionale si esegue all’interno di un enorme scanner, all’interno del quale il paziente si deve stendere per un periodo che può andare dal quarto d’ora sino a due o più ore a seconda del motivo per il quale sta eseguendo l’esame.

Il paziente durante questo periodo deve rimanere fermo sul lettino e lasciare che questo lo analizzi. Prima dell’esame infatti viene iniettato nel paziente un liquido di contrasto che permette appunto la visione della risonanza magnetica e fa sì che i medici possano controllare i disturbi neurologici che coinvolgono determinate aree del cervello.

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